L’insegnamento della lingua Inglese in Italia

Ieri mio figlio che frequenta la seconda elementare ha scritto per la prima volta a scuola le lettere straniere dell’alfabeto. A prescindere dal fatto che lui conosce la versione integrale dell’alfabeto con tutte le lettere grazie alle canzoni che cantava sin da piccolino per imparare l’alfabeto inglese, questo fatto mi ha lasciata veramente perplessa. I bambini imparano l’alfabeto senza j-k-w-x-y e poi un anno dopo devono imparare ad inserire le lettere mancanti. Forse i bambini di 6 anni non sono in grado di assimilare 5 letterine in più? Eppure a 7 anni gli si chiede di modificare quello che avevano imparato e inserire i pezzi mancanti di un puzzle. A me sembra ridicolo e sopratutto lancia il messaggio errato che le lingue straniere sono difficili e secondarie.

Il che mi porta a fare la solita domanda: perche’ in Italia non si parla l’inglese bene fin da piccoli come in tanti altri paesi come per esempio i paesi nordici? L’approccio verso la lingua straniera è sbagliato. Il primo approccio verso l’inglese è sempre molto tenue, i tagli nella scuola hanno eliminato gli insegnanti madrelingua così i bambini spesso si trovano ad imparare l’inglese con le stesse incertità e inadeguatezze di chi le insegna. Tanto sono bambini e avranno tempo di imaparare meglio più avanti. Il primo approccio invece è importantissimo per evitare alcuni tratti tipici dell’inglese italianizzato come l’omissione della “h”, il cui suono è fondamentale nella pronuncia pena il diverso significato della parola, il fatidico suono del “th” che nella lingua italiana non esiste e la terribile pronuncia del numero 2 “two” che inmancabilmente viene pronunciato “ciu”. Certo non aiuta che la nostra cultura ci porta a doppiare i film stranieri, e offrire una traduzione spesso non buona di interviste in diretta. Qualche anno fa le interviste ai piloti di Formula 1 venivano fatte in inglese con una traduzione alla fine da parte del giornalista interlocutore; invece da qualche tempo è stata introdotta la figura dell’interprete simultaneo la cui voce si sovrappone a quella in lingua originale offrendo una traduzione che molto spesso è scorretta e anche molto irritante.

 

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